Cassazione: le deroghe al principio di consumazione del potere disciplinare
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Cassazione: le deroghe al principio di consumazione del potere disciplinare
Con la sentenza n. 25901 del 23.09.2021, la Cassazione afferma che, nell’ambito del lavoro pubblico, la
conclusione del processo penale in senso difforme rispetto agli esiti di un procedimento disciplinare già
esaurito è destinata a produrre effetto su quest'ultimo solo nelle tassative ipotesi previste dalla legge.
Il fatto affrontato
La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole a seguito della condanna penale subita
per calunnia nei confronti di superiori e colleghi della Polizia Municipale.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda ed annulla il recesso, posto che, per gli stessi fatti, era
stato già irrogato alla ricorrente un precedente licenziamento che era ancora sub iudice.
La sentenza
La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il potere
disciplinare non consente di essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato e ciò anche se
la prima sanzione applicata sia minore a quella poi risultata applicabile sulla base di ulteriori circostanze
sopravvenute.
Per la sentenza, tuttavia, detto principio generale subisce delle deroghe nell’ambito del lavoro pubblico e,
nello specifico, nell’ipotesi in cui il fatto addebitato al dipendente sia oggetto anche di un procedimento
penale.
In particolare, il procedimento disciplinare - oltre che in caso di assoluzione completa del lavoratore
sanzionato - va riaperto:
- se non è stato definito per archiviazione e, successivamente, è sopravvenuta una sentenza penale
irrevocabile di condanna per i medesimi fatti;
- se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al pubblico dipendente in sede
disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa di natura
conservativa.
Secondo i Giudici di legittimità, tale deroga trova la propria giustificazione nella diversa posizione della PA
nell'ordinamento e nel principio di buon andamento che ne governa l'operato (art. 97 Cost.).
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal Comune datore, non rinvenendo – nel
caso di specie – nessuna delle due citate deroghe aventi carattere tassativo.